Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 152 del 30/06/1988
Attuazione della direttiva CEE numero 80/778 concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano, ai sensi dell'art. 15 della legge 16 aprile 1987.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Vista la legge 16 aprile 1987, n. 183, concernente il coordinamento delle politiche comunitarie riguardanti l'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee e l'adeguamento dell'ordinamento interno agli atti normativi comunitari;
Vista la direttiva 80/778/CEE concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano, indicata nell'elenco C allegato alla legge 16 aprile 1987, n. 183;
Considerato che in data 11 aprile 1988, ai termini dell'art. 15 della citata legge 16 aprile 1987, n. 183, che delega il Governo ad emanare norme attuative delle direttive indicate nel predetto elenco C, è stato inviato lo schema del presente provvedimento ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica per gli adempimenti ivi previsti;
Acquisito il parere delle competenti commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 20 maggio 1988;
Sulla proposta del Ministro per il coordinamento delle politiche comunitarie, di concerto con i Ministri degli affari esteri, di grazia e giustizia, del tesoro, dell'agricoltura e delle foreste, dei lavori pubblici, dell'industria, del commercio e dell'artigianato, della sanità, dell'ambiente e per gli affari regionali ed i problemi istituzionali;
Emana il seguente decreto
Art. 1. Principi generali
1. Il presente decreto stabilisce i requisiti di qualità delle acque destinate
al consumo umano, per la tutela della salute pubblica e per il miglioramento
delle condizioni di vita ed introduce misure finalizzate a garantire la difesa
delle risorse idriche.
Art. 2. Campo di applicazione
1. Per acque destinate al consumo umano si intendono tutte le acque, qualunque
ne sia l'origine, allo stato in cui si trovano o dopo trattamento, che siano:
a) fornite al consumo;
b) ovvero utilizzate da imprese alimentari mediante incorporazione o contatto
per la fabbricazione, il trattamento, la conservazione, l'immissione sul mercato
di prodotti e sostanze destinate al consumo umano e che possano avere conseguenze
per la salubrità del prodotto alimentare finale.
2. Restano escluse dal campo di applicazione del presente decreto le acque
minerali e termali.
Art. 3. Requisiti di qualità
1. I requisiti di qualità delle acque sono valutati sulla base dei valori
e delle indicazioni relativi ai parametri di cui all'allegato I.
2. La concentrazione massima ammissibile di ciascun parametro non può essere
superata.
3. I valori guida costituiscono obiettivi al cui raggiungimento l'attività
amministrativa deve tendere.
4. Per le acque che subiscono un trattamento di addolcimento sono specificati,
all'allegato I, i valori della concentrazione minima richiesta.
5. I valori che sono indicati nell'allegato I devono essere interpretati per
ciascun parametro tenendo conto delle osservazioni eventualmente riportate
nel medesimo allegato.
Art. 4. Aree di salvaguardia delle
risorse idriche
1. Su proposta delle autorità d'ambito, le regioni, per mantenere e migliorare
le caratteristiche qualitative delle acque superficiali e sotterranee destinate
al consumo umano erogate a terzi mediante impianti di acquedotto che riveste
carattere di pubblico interesse, nonché per la tutela dello stato delle risorse,
individuano le aree di salvaguardia distinte in zone di tutela assoluta e
zone di rispetto, nonché, all'interno dei bacini imbriferi e delle aree di
ricarica della falda, le zone di protezione. 2. Per gli approvvigionamenti
diversi da quelli di cui al comma 1, le autorità competenti impartiscono,
caso per caso, le prescrizioni necessarie per la conservazione, la tutela
della risorsa ed il controllo delle caratteristiche qualitative delle acque
destinate al consumo umano. 3. Per la gestione delle aree di salvaguardia
si applicano le disposizioni dell'articolo 13 della legge 5 gennaio 1994,
n. 36, e le disposizioni dell'articolo 24 della stessa legge, anche per quanto
riguarda eventuali indennizzi per le attività preesistenti.
Art. 5. Zona di tutela assoluta
1. La zona di tutela assoluta è costituita dall'area immediatamente circostante
le captazioni o derivazioni; essa deve avere una estensione in caso di acque
sotterranee e, ove possibile per le acque superficiali, di almeno dieci metri
di raggio dal punto di captazione, deve essere adeguatamente protetta e adibita
esclusivamente ad opere di captazione o presa e ad infrastrutture di servizio.
Art. 6. Zona di rispetto
1. La zona di rispetto è costituita dalla porzione di territorio circostante
la zona di tutela assoluta da sottoporre a vincoli e destinazioni d'uso tali
da tutelare qualitativamente e quantitativamente la risorsa idrica captata
e può essere suddivisa in zona di rispetto ristretta e zona di rispetto
allargata in relazione alla tipologia dell'opera di presa o captazione e alla
situazione locale di vulnerabilità e rischio della risorsa. In particolare
nella zona di rispetto sono vietati l'insediamento dei seguenti centri di
pericolo e lo svolgimento delle seguenti attività:
a) dispersione di fanghi ed acque reflue, anche se depurati;
b) accumulo di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi;
c) spandimento di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi, salvo che l'impiego
di tali sostanze sia effettuato sulla base delle indicazioni di uno specifico
piano di utilizzazione che tenga conto della natura dei suoli, delle colture
compatibili, delle tecniche agronomiche impiegate e della vulnerabilità
delle risorse idriche;
d) dispersione nel sottosuolo di acque meteoriche provenienti da piazzali
e strade;
e) aree cimiteriali;
f) apertura di cave che possono essere in connessione con la falda;
g) apertura di pozzi ad eccezione di quelli che estraggono acque destinaste
al consumo umano e di quelli finalizzati alla variazione della estrazione
ed alla protezione delle caratteristiche quali-quantitative della risorsa
idrica;
h) gestione dei rifiuti;
i) stoccaggio di prodotti ovvero di sostanze chimiche pericolose e sostanze
radioattive;
l) centri di raccolta, demolizione e rottamazione di autoveicoli;
m) pozzi perdenti;
n) pascolo e stabulazione di bestiame che ecceda i 170 chilogrammi per ettaro
di azoto presente negli effluenti, al netto delle perdite di stoccaggio e
distribuzione. é comunque vietata la stabulazione di bestiame nella
zona di rispetto ristretta.
2. Per gli insediamenti o le attività di cui al comma 1, preesistenti,
ove possibile e comunque ad eccezione delle aree cimiteriali, sono adottate
le misure per il loro allontanamento; in ogni caso deve essere garantita la
loro messa in sicurezza. Le regioni e le province autonome disciplinano, all'interno
delle zone di rispetto, le seguenti strutture od attività:
a) fognature;
b) edilizia residenziale e relative opere di urbanizzazione;
c) opere varie, ferroviarie ed in genere infrastrutture di servizio;
d) distribuzione di concimi chimici e fertilizzanti in agricoltura nei casi
in cui esista un piano regionale o provinciale di fertilizzazione;
e) le pratiche agronomiche e i contenuti dei piani di fertilizzazione di cui
alla lettera c) del comma 1.
3. In assenza dell'individuazione da parte della regione della zona di rispetto
ai sensi dell'articolo 4, comma 1, la medesima ha un'estensione di 200 metri
di raggio rispetto al punto di captazione o di derivazione.
Art. 7. Zone di protezione
1. Le zone di protezione devono essere delimitate secondo le indicazioni
delle regioni per assicurare la protezione del patrimonio idrico. In esse
si possono adottare misure relative alla destinazione del territorio interessato,
limitazioni e prescrizioni per gli insediamenti civili, produttivi, turistici,
agroforestali e zootecnici da inserirsi negli strumenti urbanistici comunali,
provinciali, regionali, sia generali sia di settore.
2. Le regioni, al fine della protezione delle acque sotterranee, anche di
quelle non ancora utilizzate per l'uso umano, individuano e disciplinano,
all'interno delle zone di protezione, le seguenti aree:
a) aree di ricarica della falda;
b) emergenze naturali ed artificiali della falda;
c) zona di riserva.
Art. 8. Competenze statali
1. Sono di competenza statale le funzioni concernenti:
a) promozione, consulenza, indirizzo e coordinamento delle attività connesse
con l'applicazione del presente decreto;
b) le modifiche, le variazioni e le integrazioni degli allegati I, II e III;
c) la predisposizione e l'aggiornamento dei criteri generali e delle metodologie
per il rilevamento delle caratteristiche delle acque dolci sotterranee, salmastre
e marine da destinare al consumo umano, nonché dei criteri per la formazione
e l'aggiornamento dei relativi catasti;
d) le norme tecniche per la tutela preventiva e per il risanamento della qualità
delle acque destinate al consumo umano, nonché i criteri generali per la individuazione
delle aree di salvaguardia delle risorse idriche;
e) le norme tecniche per l'installazione degli impianti di acquedotto;
f) le norme tecniche per la potabilizzazione delle acque;
g) le norme tecniche per lo scavo, perforazione, trivellazione, manutenzione,
chiusura e riapertura di pozzi d'acqua;
h) acquisizione ed elaborazione di informazioni sulla qualità delle acque
destinate al consumo umano.
2. Le competenze statali di cui alle lettere a), b), c)
e d), sono esercitate dal Ministro della sanità, di concerto con il
Ministro dell'ambiente; la competenza di cui alla lettera f) è esercitata
dal Ministro della sanità; le competenze di cui alle lettere e) e g), sono
esercitate dal Ministro dei lavori pubblici, di concerto con i Ministri della
sanità e dell'ambiente.
Art. 9. Competenze regionali
1. Alle regioni competono le seguenti funzioni:
a) previsione di misure atte a rendere possibile un approvvigionamento idrico
di emergenza per fornire acqua potabile rispondente ai requisiti previsti
dall'allegato I, per la quantità ed il periodo minimi necessari a far fronte
a contingenti esigenze locali;
b) esercizio dei poteri sostitutivi, in caso di inerzia degli enti locali,
per la salvaguardia delle risorse idriche da destinare al consumo umano;
c) esercizio del potere di deroga;
d) adozione dei piani di intervento per il risanamento ed il miglioramento
della qualità delle acque;
e) coordinamento del flusso informativo sulle caratteristiche delle acque
destinate al consumo umano, anche ai fini di cui all'art. 8, comma 1, lettera
h);
f) individuazione delle aree di salvaguardia e disciplina delle attività e
destinazioni ammissibili, salvo il disposto degli articoli 4, 5, 6 e 7.
Art. 10. Frequenze di campionamento
e metodi di analisi
1. Negli allegati II e III sono indicati, rispettivamente, i modelli e
le frequenze minime di campionamento, nonché i metodi analitici di riferimento
da adottarsi per il controllo qualitativo delle acque destinate al consumo
umano, nei punti significativi della rete.
Art. 11. Controlli
1. Per verificare la buona qualità delle acque destinate al consumo umano,
sono esercitati inoltre controlli periodici:
a) alla sorgente, ai pozzi ed al punto di presa delle acque;
b) agli impianti di adduzione, di accumulo e di potabilizzazione;
c) alla rete di distribuzione.
2. I controlli sono interni al servizio acquedottistico o esterni se effettuati
da uffici del Servizio sanitario nazionale.
3. Le acque destinate al consumo umano distribuite mediante autoveicoli o
natanti devono essere sottoposte a controlli igienico-sanitari estesi anche
all'idoneità del mezzo di trasporto.
Art. 12. Controlli sanitari
1. I prelievi ed i controlli analitici sulle acque destinate al consumo
umano sono eseguiti dai servizi e presidi delle unità sanitarie locali.
2. I controlli ispettivi e i giudizi di qualità sulle acque destinate al consumo
umano spettano all'unità sanitaria locale.
3. Qualora i risultati analitici o dell'esame ispettivo evidenzino la possibilità
di un pregiudizio per la salute umana, l'organo di controllo, effettuata la
valutazione del pregiudizio, richiede alla regione, al comune ed al gestore
dell'acquedotto, i provvedimenti e le misure di competenza.
4. Copia dei dati di cui ai commi 1 e 2 sono, con scadenza almeno bimestrale,
trasmessi ai Ministeri della sanità e dell'ambiente.
Art. 13. Controlli interni
1. I soggetti gestori di impianti acquedottistici devono dotarsi di laboratori
gestionali interni, anche in forma consortile, per il controllo dei servizi
essenziali del ciclo dell'acqua.
Art. 14. Controllo degli acquedotti
1. Per uniformare le attività di controllo su impianti di acquedotto ricadenti
nell'area di competenza territoriale di più unità sanitarie locali o di più
servizi e presidi multizonali, di cui all'art.22 della legge 23 dicembre
1978, n. 833, la regione può individuare l'unità sanitaria locale, il
presidio o il servizio al quale attribuire la competenza in materia di controlli.
2. Per gli acquedotti interregionali l'individuazione dell'organo sanitario
di controllo è disposta d'intesa tra le regioni interessate.
Art. 15. Impiego degli antiparassitari
1. Ai soli fini dell'elaborazione dei programmi di prevenzione mirata
alla tutela della salute dell'uomo, degli animali e dell'ambiente naturale
le ditte intestatarie delle registrazioni di presidi sanitari, i distributori,
i venditori, gli speditori e gli utilizzatori di tali prodotti sono tenuti
ad annotare su apposite schede i dati relativi alla vendita o all'utilizzazione
dei prodotti stessi.
2. Il Ministro della sanità, con decreto da adottarsi di concerto con i Ministri
dell'agricoltura e delle foreste, dell'ambiente e dell'industria, del commercio
e dell'artigianato, fissa le caratteristiche delle schede per la rilevazione
dei dati relativi alla vendita, all'acquisto ed alla utilizzazione dei presidi
sanitari, nonché le relative modalità di compilazione, tempi e procedure di
rilevamento e di trasmissione dei dati.
3. I soggetti di cui al comma 1 sono tenuti a conservare una copia delle schede
da esibire a richiesta della autorità sanitaria locale o dei servizi repressione
frodi del Ministero dell'agricoltura e delle foreste.
Art. 16. Valore massimo ammissibile
1. Il valore massimo ammissibile di superamento delle concentrazioni massime
ammissibili stabilite per i parametri indicati nell'allegato I può essere
determinato per singoli parametri o gruppi di parametri, su motivata richiesta
della regione.
2. Il valore massimo ammissibile unitamente all'indicazione delle misure di
risanamento da adottare, è determinato, in relazione alle specifiche situazioni
suscettibili di deroga, dal Ministro della sanità, di concerto con il Ministro
dell'ambiente, sentito il Consiglio superiore di sanità.
3. Per le acque di cui alla lettera b), comma 1, dell'art. 2, si applicano
esclusivamente i valori per i parametri tossici e microbiologici previsti,
rispettivamente, nelle tabelle D ed E dell'allegato I, nonché degli altri
parametri il cui mancato rispetto possa pregiudicare la salubrità del prodotto
alimentare finale.
Art. 17. Deroghe
1. Deroghe al presente decreto possono essere disposte dalla regione competente
nelle seguenti circostanze:
a) situazioni relative alla natura ed alla struttura dei terreni dell'area
della quale è tributaria la risorsa idrica;
b) situazioni relative a circostanze meteorologiche eccezionali.
2. In nessun caso le deroghe di cui al comma 1 possono riguardare i fattori
tossici e microbiologici, né comportare un rischio per la salute pubblica.
3. In caso di grave emergenza idrica, ove l'approvvigionamento di acqua non
possa essere assicurato in nessun altro modo, può essere disposta la deroga
alle concentrazioni massime stabilite dal presente decreto nell'allegato I,
fino al raggiungimento del valore massimo ammissibile, che è determinato dall'autorità
sanitaria ai sensi dell'art. 16, in modo che tale superamento non presenti
assolutamente un rischio inaccettabile per la salute pubblica.
4. Fermo restando quanto disposto dal D.P.R. 3 luglio 1982, n. 515,
qualora per l'approvvigionamento di acqua potabile si debba fare uso di acque
superficiali che non raggiungono le concentrazioni imposte per le acque della
categoria A3 dall'allegato al D.P.R. 3 luglio 1982, n. 515, può essere
autorizzata, per un periodo di tempo limitato, la deroga alle concentrazioni
massime ammissibili stabilite dal presente decreto nell'allegato I, fino al
raggiungimento di un valore massimo ammissibile, che è determinato dall'autorità
sanitaria ai sensi dell'art. 16, in modo che tale superamento non presenti
un rischio inaccettabile per la salute pubblica.
Art. 18. Esercizio della deroga
1. Le deroghe sono disposte dall'autorità regionale per un limitato periodo
di tempo, anche su segnalazione dei comuni interessati.
2. L'esercizio dei poteri di deroga comporta che, contestualmente alle misure
indicate dall'amministrazione statale, la regione adotti il piano di intervento
di cui al comma 3.
3. Il piano di intervento deve almeno contenere:
a) l'individuazione della causa del fenomeno di degrado delle risorse idriche;
b) la delimitazione geografica dell'area interessata dal fenomeno;
c) l'indicazione della popolazione ricadente in tale area;
d) la fissazione di controlli e divieti per l'uso delle sostanze chimiche
o di altra natura che hanno determinato o accresciuto l'inquinamento delle
acque nell'area di cui al punto b);
e) la definizione degli interventi e delle opere necessarie per garantire
l'approvvigionamento, nonché i tempi di realizzazione del piano e le risorse
finanziarie impiegate;
f) le sanzioni amministrative a carico dei trasgressori.
4. Nel caso in cui l'inquinamento interessi un bacino interregionale, il piano
di risanamento è adottato di intesa tra le regioni interessate; in mancanza
dell'intesa ogni regione provvede per il territorio di propria competenza.
5. I provvedimenti di deroga devono essere comunicati immediatamente ai Ministeri
della sanità e dell'ambiente.
Art. 19. Proroga
1. Il termine stabilito per l'osservanza dell'allegato I può essere prorogato
in presenza di situazioni eccezionali relative a gruppi di abitati geograficamente
delimitati.
2. La proroga è disposta con decreto del Ministro della sanità, di concerto
con il Ministro dell'ambiente, su richiesta dalla regione interessata.
3. La regione richiede la proroga indicandone l'oggetto, le modalità ed i
tempi e presentando:
a) una relazione sulle difficoltà incontrate che identifica in particolare
le cause che impediscono l'osservanza dei requisiti di qualità per le acque
necessarie a soddisfare i bisogni di consumo umano degli abitati interessati;
b) il piano per il miglioramento delle acque finalizzato a garantire l'osservanza,
alla scadenza della proroga, dell'allegato I.
4. Il decreto di cui al comma 2 è adottato, previo espletamento della procedura
comunitaria prevista dall'art. 20 della direttiva.
5. In caso di ritenuta insufficienza del piano presentato dalla regione ai
sensi della lettera b) del comma 3, con decreto del Ministro dell'ambiente,
di concerto con il Ministro della sanità, sono disposte le misure integrative
la cui adozione da parte della regione è condizione di efficacia della proroga
stessa.
6. Le misure da adottare per l'attuazione del piano di miglioramento delle
acque possono disporre, in relazione alle individuate cause della situazione
eccezionale che giustifica la proroga, controlli e restrizioni per lo svolgimento
di attività e l'uso di prodotti, anche in deroga alle leggi vigenti.
7. Le misure di cui al comma 6, se relative a materie di competenza statale,
sono adottate dal Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione
del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri dell'ambiente e della
sanità.
Art. 20. Competenza delle regioni
speciali e province autonome
1. Sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle
province autonome di Trento e di Bolzano.
Art. 21. Sanzioni
1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque in violazione
delle disposizioni del presente decreto fornisce al consumo umano acque che
non presentano i requisiti di qualità previsti dall'allegato I è punito con
l'ammenda da lire 250.000 (duecentocinquantamila) a lire 2.000.000 (duemilioni)
o con l'arresto fino a tre anni.
2. La stessa pena si applica a chi utilizza acque che non presentano i requisiti
di qualità previsti dall'allegato I in imprese alimentari, mediante incorporazione
o contatto per la fabbricazione, il trattamento, la conservazione, l'immissione
sul mercato di prodotti e sostanze destinate al consumo umano, se le acque
hanno conseguenze per la salubrità del prodotto alimentare finale.
3. L'inosservanza delle disposizioni dei piani di intervento di cui all'articolo
18 è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire un milione a
lire dieci milioni.
4. I contravventori alle disposizioni di cui all'articolo 15 sono puniti con
la sanzione amministrativa pecuniaria da lire un milione a lire sei milioni.
Art. 22. Disposizioni finali
1. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto cessa l'applicazione
delle disposizioni di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri
in data 8 febbraio 1985, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta
Ufficiale n. 108 del 9 maggio 1985, relativo alle caratteristiche di qualità
delle acque destinate al consumo umano.
2. Le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 3 luglio
1982, n. 515, continuano ad applicarsi se non incompatibili con il presente
decreto.
3. Le norme tecniche di prima attuazione sono emanate entro sessanta giorni
dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
ALLEGATO I | - REQUISITI DI QUALITÀ | |
ALLEGATO II | - MODELLI E FREQUENZE DELLE ANALISI DELLE ACQUE DESTINATE AL CONSUMO UMANO | |
ALLEGATO III | - METODI ANALITICI DI RIFERIMENTO |
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